PLATONE – IL MITO DELLA CAVERNA – La Repubblica Libro VII

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Oggi vorrei portare la tua attenzione ad un famosissimo mito platonico: il mito della caverna.

Tralasciamo il percorso universitario, ma sia che tu abbia studiato filosofia al liceo sia che no, sicuramente sai chi è Platone, e sicuramente almeno una volta hai sentito parlare di questo mito. Questo estratto si inserisce nel contesto di un’opera platonica ben più grande che è La Repubblica, composta di X libri e scritta tra il 380 ed il 370 a.C.

Il mito della caverna nello specifico viene narrato all’inizio del VII° libro.

Tralasciamo ulteriori preamboli e andiamo nel vivo.

Il mito sostanzialmente che narrativa usa?

Beh Platone immagina questi uomini che vivono chiusi in una caverna al buio, e che portando pesanti catene a collo e caviglie, trovandosi così impossibilitati anche a volgere lo sguardo indietro (figurarsi volgere lo sguardo in alto quindi!). Il problema è che dietro di loro, dove non possono vedere, si trova un fuoco ardente. Tra il fuoco e gli uomini incatenati si trova una strada rialzata delimitata da un muretto, sopra la strada si trovano degli uomini che parlano, portano oggetti e conducono la loro vita quotidiana.

Ma gli uomini incatenati, non potendo volgere lo sguardo verso dietro, non possono conoscere l’esistenza e la realtà di queste altre persone. Anzi, di loro vedono solo le ombre che, grazie alla luce del fuoco, vengono proiettate in avanti. Ma gli imprigionati parrebbero completamente ignorare queste ombre, se non addirittura alcuni averne paura.

Platone allora immagina che se uno degli uomini incatenati potesse finalmente liberarsi e scoprire tutto quanto, sarebbe anzitutto un trauma per lui, perché verrebbe abbagliato dalla luce del fuoco e costretto a rinnegare completamente ciò che pensava di sapere, avendo sotto agli occhi la verità. Ma poi, preso dall’euforia, se anche andasse dai compagni incatenati a raccontare tutto, nessuno crederebbe alle sue parole, ed anzi riderebbero di lui continuando a fare conoscenza delle sole ombre che vedono proiettate ai loro piedi.

Alla fine, l’uomo che ha portato la verità ai suoi compagni si troverà a non poter più tornare indietro perché non ha più gli occhi di prima, perciò non può più vedere il mondo come lo vedeva prima. Al contempo però si trova di fronte a persone che, non potendo vedere ciò che lui vede, non gli credono.

Ma Platone, tramite un linguaggio simbolico molto preciso, cosa intende dire?

Il fuoco rappresenta la conoscenza, la luce che arriva dal mondo degli uomini al di sopra della strada oltre il muretto, la luce che mostra le cose per la loro reale natura. Quindi, il fuoco che illumina è la conoscenza che porta a verità.

Gli uomini incatenati rappresentano la condizione culturale di ogni individuo: ignorante nel senso che ignora la verità, che Platone intende come i concetti universali. La condizione dell’Essere incatenato è quella di ignorare questi concetti in favore della percezione delle sole ombre, che rappresentano l’opinione che lui ha della realtà. Opinione che deriva dalla sola interpretazione di ciò che in quelle condizioni ed in quel momento lui può vedere (condizioni sensibili).

Volendo estendere il concetto, possiamo pensare che questo sistema limitato porti a convinzioni personali del singolo individuo che, sommate a quelle di altri individui nella medesima condizione, porti alla costruzione di un’opinione pubblica “dirottata”.

L’uomo in grado di liberarsi dalle catene è il filosofo che viene condotto dall’amore per la conoscenza, viene cioè condotto dalla filosofia stessa, verso la liberazione che gli permette di raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo.

Interessante… non trovi?

Perché ho scelto questo mito?

Perché credo fin troppo ardentemente che sia la più verosimile interpretazione di quella che è anche la realtà attuale, di un contesto contemporaneo, più che mai come in questi ultimi anni dove l’apice si è ora raggiunto con la narrazione pandemica (ATTENZIONE! Con narrazione pandemica NON intendo assolutamente dire che il virus sia inesistente, ma mi riferisco a come viene strumentalizzata la salute delle persone per portare acqua ai mulini di pochi.).

Quello che spero questo mito possa arrivare a fare sia porti davanti alla scomoda e urticante realtà dei fatti, cioè che sei un individuo in catene in questo momento.

Ma la cosa peggiore e migliore allo stesso tempo è che le catene le puoi togliere in qualunque momento! E come te, chiunque altro può e deve farlo, affinché l’uomo che si liberi dalle catene non resti solo il “filosofo di paese”, ma diventi una collettività risvegliata.

Mi fermo qui perché è un argomento molto complesso e delicato, che richiede il giusto tempo e le giuste parole, perciò preferisco fare un passo alla volta… nel frattempo però augurandomi di poter sempre fornirti lo stimolo giusto per far scattare quel qualcosa che possa portarti un passo avanti, ti lascio un ultimo video, lunghino ma ricco di spunti.

In questo video viene ripreso il mito che ti ho portato oggi, ma viene ripreso anche quel curioso concetto di cui ti parlavo in questo articolo sull’entanglement, dove arrivo a spiegarti il perché tu crei la tua realtà in OGNI momento. Tra parentesi, quest’ultima nozione dovrebbe farti intuitivamente comprendere il perché poco fa ti ho detto che in un qualunque momento puoi liberarti dalle catene.

Buona visione!

“UN NUOVO CIELO E UNA NUOVA TERRA”

Apocalisse 21,1

Enjoy the Journey!
Samsara

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